Novembre 12, 2023

Dieta senza istamina: la sindrome sgombroide

Sicuramente pochi di voi avranno sentito parlare della sindrome sgombroide. Spesso le reazioni allergiche come prurito, mal di testa, affanno, tachicardia, eritemi diffusi sul collo e viso, soprattutto se insorgono alcune ore dopo il pasto, difficilmente vengono collegati al cibo. Probabilmente se il pasto comprendeva tra le pietanze consumate il pesce, restano pochi dubbi che si è incappati nella sindrome sgombroide.

Dieta senza istamina: la sindrome sgombroide

Si tratta di una particolare intossicazione alimentare causata principalmente dal consumo di prodotti ittici contenenti alti livelli di istamina e ammine vasoattive o altri composti. Il suo particolare nome si deve alla frequenza dell’intossicazione da consumo di specie appartenenti alla famiglia Scombridae, come ad esempio tonni e sgombri. Questa viene anche definita come intossicazione da istamina. Tale sindrome, non è tanto associata al consumo di pesce in sé, ma piuttosto alle importanti quantità della molecola di istamina presente nell’alimento responsabile. 

È importante sottolineare che l’istamina non si trova nel pesce al momento della pesca, ma questa si forma successivamente. L’istamina altro non è che il risultato della decomposizione dell’istidina, un amminoacido presente soprattutto nelle specie che appartengono alla famiglia Scombridae. È tipico delle specie pelagiche migratorie, come sgombro, tonno, ma anche in specie non migratorie come i clupeidi o i ciprinidi. Se la conservazione del pesce non è corretta, a temperature non idonee, la decomposizione accelera causando la formazione di grandi quantità di istamina nei tessuti.

L’istamina non è presente nel pesce vivo, ma è prodotta dopo la sua morte, nel momento in cui i meccanismi di difesa non inibiscono più la crescita batterica. Infatti, i batteri sono presenti nell’ambiente marino e comunemente si trovano sulle branchie e nell’intestino dei pesci. Pertanto, in condizioni di conservazione inadeguate, la flora batterica produce l’enzima istidina decarbossilassi che converte l’istidina in istamina.

Il deterioramento batterico e la conseguente produzione di istamina possono verificarsi in ogni fase della filiera alimentare. Quindi elemento chiave, nel prevenire la formazione della molecola di istamina nei pesci è la sua conservazione ad una temperatura inferiore ai 4°C. E’ inoltre indispensabile ridurre il carico batterico attraverso l’eviscerazione e l’asportazione delle branchie, in condizioni igieniche adeguate. L’istamina, inoltre, non influenza in alcun modo l’aspetto o il sapore del pesce. Una volta formata, essendo una molecola termostabile, non viene distrutta dalla cottura, congelamento e/o la sterilizzazione del pesce.

Dieta senza istamina: la sindrome sgombroide

INTOSSICAZIONE ALIMENTARE

La concentrazione di istamina nel pesce considerata sicura deve essere inferiore a 50 p.p.m. (parti per milione o mg/kg). Una concentrazione tra i 50 e i 200 p.p.m. sono considerate una possibile causa di intossicazione nei soggetti sensibili; una concentrazione di istamina tra i 200 e 1000 p.p.m. sono probabilmente tossiche e, infine, concentrazioni superiori ai 1000 p.p.m. sono sicuramente tossiche. Quindi ad esempio, il consumo di una porzione di circa 200g di pesce non fresco con una concentrazione di 100 p.p.m. apporta 20mg di istamina, una quantità che potrebbe essere compatibile con un lieve avvelenamento.

La sindrome sgombroide è una vera e propria intossicazione alimentare, anche se la sostanza colpevole provoca gli stessi sintomi di un’allergia. Questo accade perché l’istamina non è prodotta dall’organismo ma da un alimento deteriorato. Inoltre è necessario considerare che la reazione all’intossicazione è influenzata da diversi fattori quali: sensibilità individuale, età, intolleranza all’istamina, peso, composizione del pasto, farmaci e patologie.

Dieta senza istamina: la sindrome sgombroide

I SINTOMI

Le manifestazioni cliniche della sindrome sgombroide sono differenti e l’insorgenza dei sintomi varia da pochi minuti a qualche ora (2-3 ore, mediamente 90 minuti) dall’ingestione del prodotto.

I sintomi possono essere suddivisi in:

  • Cutanei, i più comuni generalmente localizzati sul viso e collo
  • Gastrointestinali, frequenti come diarrea, nausea, vomito, dolore addominale, ecc
  • Emodinamici come ipotensione
  • Neurologici come mal di testa, palpitazioni, tremori, debolezza.

Nelle forme più gravi, comunque rare, potrebbero insorgere difficoltà respiratorie e ischemia miocardica.

Generalmente la sintomatologia si risolve da sola nel giro di poche ore o al massimo entro le 24 ore successive, senza la necessità di uno specifico trattamento.

Dieta senza istamina: la sindrome sgombroide

ALIMENTI ITTICI COINVOLTI

La catena del freddo come già detto deve essere eseguita correttamente e purtroppo il consumatore non ha alcun potere sulla stessa. Però si possono adottare accorgimenti successivi come impiegare borse termiche per il trasporto del pesce dal momento dell’acquisto fino a casa, evitare di ricongelare prodotti scongelati o lasciare a lungo a temperatura ambiente pasti a base di pesce. Al ristorante, se la freschezza di un pesce non convince non esitare a rimandare indietro il piatto.

I prodotti coinvolti spaziano dal pesce congelato o refrigerato, conserve ittiche e prodotti ittici trasformati.

Davide Iozzi
Biologo Nutrizionista da anni, Davide Iozzi si occupa di alimentazione per soggetti allergici e con problemi gastrointestinali in diversi centri di eccellenza lombardi. Relatore in convegni ECM e autore di pubblicazioni scientifiche, svolge attività di ricerca nell'ambito della sana nutrizione in collaborazione con l'Università degli studi di Pavia.

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Dott. Davide Iozzi
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